Le Grandi Recensioni

Marc Ford – Holy Ghosts

Posted in dischi, musica by Ares on agosto 21, 2014

A volte capitano delle belle sorprese

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Il nuovo album di Marc Ford è una di queste sorprese: l’ex chitarrista dei Black Crowes degli anni 90 ha intrapreso una buona carriera solista. E se non fosse stato per il saggio consiglio di un vecchio compagno di serate chitarristiche non avrei mai pensato di ascoltare Holy Ghost.

E mi sarei perso un gran bel disco.

Precisazione: è un album per gli amanti del rock americano, quello fatto di chitarre acustiche, atmosfere tranquille, quelle che inevitabilmente ti portano a certi film, quando il protagonista a bordo di una macchina si mette in viaggio attraverso le lunghissime highway in mezzo a scenari naturali pazzeschi e ha il tempo per pensare ai fatti suoi, all’andare delle cose e dell’universo… o forse sta solo scappando.

Ma, per fortuna, queste canzoni vanno bene anche se con la macchina si attraversano solo le strade della provincia veneta, o se si è in ufficio a lavorare davanti allo stupido schermo di uno stupido pc.

Questo è Holy Ghost. Una manciata di canzoni che servono a ricordare che si può essere in pace anche quando tutto non va esattamente come si desidera.

The Black Crowes live in Vigevano 07/07/2011

Posted in concerti, musica by Ares on luglio 8, 2011

Altra trasferta lombarda dopo quella per Roger Waters, altra sfacchinata in macchina per un altro concerto unico.

Nella cornice del Castello Sforzesco di Vigevano (molto bello) mi sono goduto i Black Crowes, unica data italiana del loro ultimo (sigh!) tour.

Un’altra sfacchinata, ma dire che ne è valsa la pena è riduttivo…

Ribadisco il concetto espresso in altre recensioni a proposito dei Black Crowes: in questo momento, su questo pianeta, non esiste una rock’n’roll band migliore di loro. E da questo nasce la rabbia per il fatto che questo sia il loro ultimo tour prima di un “indefinite hiatus” che sta per privarci del piacere di ascoltare l’ultima grande rock’n’roll band americana.

Mancavano dall’Italia da tanti anni e ieri sera hanno dato spazio alla loro anima elettrica con un set dedicato a coprire l’intera ultraventennale carriera: Sting Me, Jealous Again, Soul Singing, Wiser Time, Poor Elijah, Good Morning Captain, Oh Josephine, Hard To Handle, Thorn In My Pride e altre per chiudere dopo 90 minuti tiratissimi con Remedy.

Lunghe improvvisazioni (da brividi quelle su Wiser Time e Thorn In My Pride) con la band in gran spolvero, soprattutto per l’affiatamento tra le due chitarre di Rich Robinson e dell’ultimo arrivato Luther Dickinson che rispetto ai suoi predecessori è meno rock’n’roll e molto più southern rock, cosa che dona un timbro nuovo alle canzoni degli album più vecchi.

Rilassati e divertiti, i Black Crowes giocano con la loro musica come riesce solo ai veri grandi: non si preoccupano di inserire o tralasciare le canzoni più amate e amano regalare sorprese cambiando ogni volta la scaletta…un modo di fare musica che sta lentamente svanendo, per questo il fatto che questi signori vogliano fermarsi è un colpo duro da digerire…ma bisogna aver fiducia, magari torneranno presto oppure in qualche angolo remoto e a noi sconosciuto degli States c’e’ qualcuno pronto a raccogliere il testimone.

Nel frattempo, continuate a curare udito e anima con la loro musica.

p.s. complimenti a Paolo Bonfanti che ha aperto il concerto e alla città e all’amministrazione di Vigevano per l’organizzazione.

Tom Petty & the Heartbreakers – Into The Great Wide Open

Posted in dischi, musica by Ares on luglio 1, 2011

Il 2011 segna il ventesimo compleanno di un sacco di album famosi di cui scriverò qualcosa molto presto.

E anche album importanti, almeno per me…

Ero un ragazzino che iniziava a scoprire e ad appassionarsi alla musica, c’era Videomusic e arrivavano in Italia le prime trasmissioni di MTV Europe, in inglese. Non lo capivo, ma stavo a guardare e ad ascoltare.

E un giorno capito’ questo video in bianco e nero, con questo tizio biondo con un cappello che suonava la chitarra e cantava “Learning To Fly“.

Tom Petty & the Heartbreakers, disse mio padre, l’ho visto dal vivo anni fa a Verona, accompagnava Bob Dylan…

Ebbene, quell’estate coi soldini risparmiati riuscii ad avere Into the Great Wide Open. Che non sarà il miglior album del menestrello di Gainesville, Florida, ma di sicuro ha tutti gli elementi che hanno contraddistinto la sua luminosa e lunga carriera, ovvero un equilibrato mix tra folk e southern rock con sprazzi di Dylan e Springsteen.

Ci sono album di Tom Petty di gran lunga migliori di questo, come Full Moon Fever o il successivo Wildflowers (capolavoro).

Ma 20 anni fa questo disco mi ha profondamente colpito e per me rimane un gioiello importantissimo.

Buon ascolto.

Chris Robinson – This Magnificent Distance

Posted in dischi, musica by Ares on dicembre 26, 2010

Nella lunga e travagliata storia dei Black Crowes c’è stato anche lo spazio temporale per permettere a Chris Robinson di confezionare un paio di album da solista. Oggi si parla del secondo.

Album notevole, non dico superiore al suo precedente lavoro solista (New Earth Mud nda) perché trattasi di cose ben diverse.

In questo This Magnificent Distance le atmosfere sono più scure e rock, con l’impronta southern ben riconoscibile ma a tratti distorta e sballata da attimi psichedelici arrivati da un passato americano ormai distante. Un calderone in cui Robinson infila quante più cose possibili rendendo il lavoro a suo modo ben artricolato ed omogeneo anche se a tratti puo’ suonare confuso.

E per fortuna che le belle canzoni non mancano, anzi: 40 Days, Train Robbers, If You See California sono le prime che mi sono rimaste impresse, ma anche il trio di chiusura con Surgical Glove, Sea Of Love e Piece Of Wind merita di essere menzionato.

Disco per appassionati del genere, mi sento di sconsigliarlo a chi non conosce, o conosce poco, un certo di tipo di rock’n’roll made in USA. Per tutti gli altri invece, specie per chi rimane affascinato dai Black Crowes, un modo per conoscere un po’ di più l’artista Chris Robinson svincolato dalla band e dal fratello Rich.

Buon ascolto.

Pride And Glory

Posted in dischi, musica by Ares on novembre 25, 2010

Zakk Wylde…prima dei Black Label Society…

…in un album semi-dimenticato, un progetto fallito e subito abbandonato da quanto sbagliato fu il momento in cui venne proposto.

1994, il grunge è alle stelle, e il giovane Zakk Wylde se ne esce con un progetto hard/southern rock chiamando a sostegno un paio di ex membri dei White Lion. Quello che esce dallo studio di registrazione è il primo e ultimo omonimo album dei Pride And Glory. Nessuno, o quasi, li cagherà, e dopo aver supportato i White Zombie in un tour il progetto muore.

Eppure di spunti interessanti ce ne sono: chitarrismo eccelso di Wylde a parte, troviamo canzoni ben fatte, ben suonate, cariche al punto giusto e una bella varietà di stili.  Se Cry Me A River guarda verso il country, Troubled Mind ha sonorità più hard, c’è la ballata Fadin Away con Wylde al pianoforte e la bella apertura di banjo per Losin’ Your Mind. Tutto questo e tanto altro ancora, un peccato non riscoprirlo.

The Black Crowes – Croweology

Posted in dischi, musica by Ares on agosto 27, 2010

The Black Crowes…

…e la loro idea di greatest hits: un doppio album, live, in acustico.

Ecco a voi Croweology, ultima fatica della band di Atlanta capitanata dai fratelli Robinson. Una carrellata lunga due dischi attraverso i 20 anni (tanti ne sono passati dal loro esordio) di carriera. I brani presi e riarrangiati vanno da Shake Your Money Maker a Lions, tralasciando l’ultimo periodo.

Il motivo non ci interessa, perché è bene ricordare a tutti che dopo questo Croweology i Corvi Neri si prendereanno un’altra pausa a tempo indefinito…e come i grandi lasciano all’apice, nel momento in cui avevano trovato la line-up perfetta per esprimere al meglio ogni singola idea. Ci abbandonano sul più bello, maledetti…

Comunque Croweology è un lavoro interessante e ottimamente suonato come al solito. Inoltre, l’aver scelto alcuni brani “dimenticati” del loro repertorio lo rende ancor più appetibile. Oltre alle immortali Jealous Again e Remedy, si trovano Cold Boy Smile (brano non-Black Crowes ma “solo” dei fratelli Robinson) e Girl From a Pawnshop tanto per dirne un paio.

Ma è solo per la lunga medley-jam tra Ballad In Urgency e Wiser Time che questo Croweology dovrebbe essere già nel vostro lettore cd. Ribadisco quanto detto in altri post riguardantio i Black Crowes: al momento sono la band che suona meglio al mondo, non li batte nessuno.

Cari Black Crowes, vi dico arrivederci, e non fateci aspettare troppo tempo…

Taddy Porter

Posted in dischi, musica by Ares on agosto 9, 2010

ringrazio Basta Con La Droga per la segnalazione

Un po’ di sane chitarre e rock’n’roll per accompagnare il Ferragosto imminente: hard-rock e southern rock made in USA firmato dagli esordienti Taddy Porter.

Nulla di nuovo, anzi. Come ho accennato, si tratta di un mix tra hard-rock classico, southern rock e blues, ovvero la miscela perfetta del rock americano. Certo la produzione e i suoni sono molto moderni, le chitarre spingono, basso e batteria picchiano e la voce è abbastanza grossa e sporca per risultare aggressiva in modo soddisfacente.

Whatever Haunts You, che apre il disco, è la canzone che vorremmo ascoltare ogni giorno in macchina andando al lavoro o durante un viaggio in autostrada. Big Enough fa venir voglia di headbanging e Shake Me potrebbe essere stata una canzone del primo album dei Black Crowes (uno degli evidenti punti di riferimento dei Taddy Porter).

L’idea di musica della band è chiara dall’inizio: si punta sui canoni classici e sull’energia piuttosto che sul creare atmosfera (lasciamogli il tempo di maturare?) e questo può suonare banale anche se ci provano con Long Slow Drag che risulta non del tutto riuscita, troppo in bilico tra power-ballad e il country mentre ha più mordente l’altro lento In The Morning…comunque, i Taddy Porter suonano molto meglio e sono molto più a loro agio quando possono spingere sull’acceleratore come in I Gotta Love o nell’ottima Mean Bitch.

Resta il fatto fondamentale che questi quattro elementi dell’Oklahoma sanno suonare e hanno tanta energia, ne sentiremo ancora parlare o stiamo assistendo al passaggio di una meteora? Voglio dire, chi avrebbe scommesso che i Black Crowes sarebbero diventati l’ultima grande, magnifica rock band americana dopo aver ascoltato il loro esordio (Shake Your Money Maker nda)? Non tanti, credo…

Quindi, diamo fiducia ai Taddy Porter, il mondo ha sempre bisogno di rock. Magari svaniranno nel nulla o non diventeranno dei grandi, ma quest’album ci piace.

Voto: 7 , bell’esordio.

Consigliato: a tutti, specie agli amanti del genere che possono continuare a sognare (e a rodersi il fegato perché queste band non vengono mai a suonare in Europa…).

The Black Crowes – Lions

Posted in dischi, musica by Ares on luglio 19, 2010

All’alba del Terzo Millennio, i Black Crowes si trovavano nella solita situazione: cambi di formazione, litigi con case discografiche, concerti su e giù per l’America…

Importante fu il tour del 1999 con Jimmy Page, immortalato nel Live At The Greek in cui il grande vecchio e i corvi neri regalano un repertorio Led Zeppelin-Black Crowes-blues di grandissimo spessore.

Secondo la leggenda, fu proprio questo tour a ispirare la band nella creazione di quello che rimane l’album più controverso e in sostanza “meno Black Crowes” della loro intera produzione.

In Lions si abbandonano certe atmosfere prettamente southern-rock e classic rock per spingersi in territori che degradano verso il funk e l’hard rock per le chitarre “pesanti” in alcune canzoni. E nonostante il cammino su terreni poco comuni e poco conosciuti, i Crowes riuscirono comunque a plasmare un album di grande impatto e che all’epoca spaccò la critica e divise anche i fan.

Riascoltandolo a poco più di 9 anni dalla sua uscita non si può; non rimanere impressionati dalla varietà e dalla potenza sprigionata dalla band, dai continui richiami al passato (Led Zeppelin inclusi) disseminati lungo i 55 miuti del disco.

Lions ha tutto: dalla finta falsa partenza di Midnight From The Inside Out alla felicissima e vagamente hippy Soul Singing, dalle tirate Lickin e Come On passando per le ballate come No Use Lying e Miracle To Me, per finire su brani piu’ “normali” come la blueseggiante Greasy Grass River e Lay It All On Me. In mezzo si trovano brani come Losing My Mind e Young Man, Old Man che sono talmente diverse dallo stile Black Crowes da non poter essere realmente inquadrate e per questo degne di attenzione e massimo rispetto.

Un disco che stranamente non viene mai ricordato: evidentemente l’ultima, perfetta e magnifica versione dei Black Crowes sembra aver spazzato via una parte della loro luminosa carriera e se si guarda al loro passato si tende a concentrarsi su altre grandi produzoni come The Southern Harmony & Musical Companion o Amorica e By Your Side. Errore madornale, perché Lions è un disco straordinariamente bello e ricchissimo e vale la pena di riscoprirlo.

Tom Petty & The Heartbreakers – Mojo

Posted in dischi, musica by Ares on giugno 18, 2010

Dopo ben 8 anni tornano Tom Petty & The Heartbreakers, potevo forse lasciarmi scappare il nuovo lavoro? Mai al mondo!

Quindi si parla di Mojo, nuovo album della band capitanata dal biondo menestrello da Gainesville, Florida.

E pare che il nostro caro vecchio amico Tom abbia tanto blues che gli scorre nelle vene, assieme a un po’ di altre cose interessanti. Mojo si apre con Jefferson Jericho Blues che pare portarci a Chicago, assieme a Muddy Waters. Ma le cose cambiao con la seconda traccia, First Flash Of Freedom, che ritorna nel gruppo delle grandi ballate americane cui Tom Petty ci ha abituati in 30 anni e più di luminosa carriera.

Mojo scorre attraverso blues, country, reggae (Don’t Pull Me Over) e southern rock con picchi improvvisi come la ledzeppeliniana I Should Have Known It, cui segue U.S. 41 che profuma di autostrade, e Takin’ My Time, altro blues straordinario. Gli Heartbreakers suonano ispiratissimi, in grandissima forma e danno l’impressione di divertirsi come non mai. Da rilevare soprattutto l’ennesima, incredibile prova alla chitarra di Mike Campbell (superbo nella conclusiva Good Enough), troppo spesso ignorato e sottovalutato. Ah, nota tecnica per chitarristi: nel libretto sono elencate le chitarre usate per registrare il disco…quella piu’ cessa e’ una Stratocaster del 1965…

Altro da segnalare? Beh, 65 minuti (e in giro per la rete si trovano recensioni che trovano da dire che è troppo lungo…abbiamo tonnellate di musica di merda e quando arriva un buon prodotto da un Maestro vi lamentate???? Vi meritate Gigi D’Alessio!) e 15 canzoni, mi sembra che la generosità sia di casa dalle parti di Tom Petty. Un album diretto e genuino, ottima prova e ottimo ritorno di un artista ormai parte findamentale della cultura musicale americana contemporanea accompagnato dalla sua fedelissima band. Pochi suonano così bene, pochi sono così ispirati, ed esiste solo un Tom Petty & The Heartbreakers.

Tom Petty – Wildflowers

Posted in dischi, musica by Ares on giugno 9, 2010

Come nella precedente recensione su Nebraska di Springsteen, anche in questo caso ci troviamo di fronte a un grande autore che “abbandona” temporaneamente la band che sempre lo accompagna.

Nel 1994 Tom Petty mette da parte gli Heartbreakers (che in realtà collaborano alla registrazione del disco…assieme a tanti altri artisti tra cui Ringo Starr nda), si affida alla produzione di Rick Rubin e si dedica alla realizzazione di quello che è uno dei suoi migliori album: Wildflowers.

Ispirazione alle stelle. Atmosfera rilassata e di pura pace nei brani acustici, mentre si salta e si balla nei brani più rockeggianti. Se davvero vogliamo essere pignoli e stracciamaroni, quest’album ha un paio di canzoni di troppo.

Ma ha anche alcune delle migliori canzoni mai scritte da Petty come Wildflowers, You Don’t Know How It Feels, It’s Good To Be King, You Wreck Me.

Non c’è poi molto da dire, una bellissima collezione di sano rock americano, puro e semplice.

Sincero.

Tom Petty.