Fiona Apple – Fetch the Bolt Cutters
Una luce nel buio della quarantena, e che luce!
Fiona Apple è un’Artista che sa farsi aspettare, questo Fetch the Bolt Cutters arriva 8 anni dopo il precedente (magnifico) The Idler Wheel, ed è appena il quinto album in 24 anni di carriera. Annunciato da qualche tempo, l’album arriva in formato digitale, quindi ve lo ascoltate via Spotify et similia in attesa che venga distribuito in cd, vinile e altri formati che potete trovare nello store ufficiale.
Come preannunciato in una lunga e molto interessante chiacchierata pubblicata sul New Yorker, Fiona ha fatto quasi tutto da sola, in casa, concentrandosi su voce, percussioni molto spesso ricavate da oggetti trovati in casa, e inserendo pochi altri strumenti facendosi aiutare da pochi fidati amici tra cui la sorella Maude Maggart. Ma quello che è davvero potente è rappresentato dai testi: una voglia di non stare zitta, anzi, di rispondere per le rime a chiunque, siano essi (ex) fidanzati, molestatori, politici e chiunque possa averla ispirata o fatta incazzare.
La Fiona Apple versione 2020 ha raggiunto la fase “faccio e dico quel cazzo che voglio e ‘fanculo a tutti”. Se il risultato è questo sono disposto ad aspettare altri 7, 8, 9 o 10 anni pur di avere un capolavoro come Fetch the Bolt Cutters.
Non esistono account social ufficiali. L’unica risorsa è una pagina Instagram gestita da qualcuno che evidentemente ha un canale aperto con la Apple. In un mondo ossessionato dai social network lei se ne sbatte e si fa i cazzi suoi, in auto isolamento ben prima del Coronavirus.
David de Sola – Alice in Chains: the Untold Story
Gli anni ’90…l’ultima epoca d’oro della musica, il canto del cigno del rock, Seattle, gli Alice in Chains.
Questa è l’unica biografia che vale la pena leggere sugli Alice in Chains, band che nell’arco di pochi anni e con una manciata di dischi ha contribuito a segnare indelebilmente un’epoca.
Più importante ancora, gli Alice in Chains sono stati i primi di quel calderone chiamato “grunge” a uscire da Seattle, a vedere riconosciuto e premiato il proprio valore artistico, prima ancora di Nirvana, Soundgarden e Pearl Jam.
Con un lavoro certosino di ricerca e raccolta di interviste a membri della band, amici e collaboratori, David de Sola ricostruisce la nascita, l’ascesa, la morte (artistica e non) e resurrezione degli Alice in Chains. Il libro è stato pubblicato nel 2014, quindi raggiunge il momento della pubblicazione di The Devil Put Dinosaurs Here, penultimo lavoro in studio della band rinata con William DuVall al posto di Layne Staley. Personalmente non possono non provare tristezza leggendo il ritratto che ne esce di Layne, soprattutto alla luce di come manager, amici e colleghi (quindi molti addetti ai lavori) ne descrivono il talento. La discesa negli inferi di quel ragazzo è un pugno nello stomaco, anche perché è stata una sua deliberata scelta e a nulla sono serviti i tanti ricoveri e i tentativi di rehab. Se avete amato Dirt e Jar of Flies, e tutto quel che c’è stato allora non potete e non dovete evitare questo libro.
Alice in Chains – Jar of Flies
Ha appena compiuto 25 anni, ed è sempre meraviglioso.
Ricordo ancora quando Videomusic (!!!) trasmetteva il video di No Excuses (il cui testo imparai a memoria subito, la musica e MTV sono stati ottimi insegnanti d’Inglese): rimasi sorpreso perché era un brano con le chitarre acustiche e poca chitarra elettrica, ben distante da quello che avevo già ascoltato in Dirt.
Quante volte avrò suonato Don’t Follow, No Excuses, Rotten Apple, I Stay Away? Innumerevoli. Giornate intere.
Rimasi folgorato da Jar of Flies, e ancora una volta dagli Alice in Chains. E lo rimango sempre, ogni volta che lo ascolto.
Buon compleanno, che tu possa continuare ad essere celebrato in eterno.
Led Zeppelin I
12 gennaio 1969, 50 anni fa, all’improvviso cambiò tutto.
Narra la leggenda che i Led Zeppelin impiegarono 36 ore per registrare il loro disco d’esordio, una manciata di canzoni tra nuove composizioni, cover e materiale risalente agli Yardbyrds che di fatto divennero l’archetipo dell’hard rock per i decenni a seguire. Jimmy Page stesso ha definito questo album come il suo preferito, proprio perché è il manifesto di ciò che erano i Led Zeppelin.
50 anni, ed è ancora magnifico. Da ascoltare ad alto volume.
The Beatles
22 Novembre 1968, viene pubblicato questo:
Il White Album dei Beatles è un Capolavoro. Punto. Fine delle discussioni. Nel giro di 3 anni questi quattro erano riusciti a passare da Rubber Soul, che già era notevole, a un doppio album passando per Revolver, Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band e Magical Mystery Tour.
Alcune delle canzoni dell’album bianco? Back in the USSR, Dear Prudence, Blackbird, While My Guitar Gently Weeps, Revolution (e Revolution 9 che tanto piacque a Charles Manson), Savoy Truffle, Helter Skelter, Birthday, Happines is a Warm Gun.
Si poteva chiedere di più?
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